giovedì 29 dicembre 2022

I’m lost in the supermarket

 



I’m lost in the supermarket 


La lista della spesa ti rappresenta. 

Le mie liste sono per reparto/supermercato. Non puoi avere come primo punto 1) carta igienica. Dipende da dove vai, ma di solito non è mai all'entrata, anche se a mio avviso dovrebbe essere una di quelle cose che trovi sfuse alla cassa prima di pagare: "azz me so' dimenticata la carta igienica!" Prendi un rotolo mentre paghi e metti in tasca. 

A me il supermercato mi rapisce.

Vago con la lista (scritta in note e col telefonino in mano) tra i vari reparti come se fossi al luna park con una mappa in mano. 

Fare la spesa non è buttare quello che capita dentro il carrello. Una buona spesista valuta il rapporto qualità/prezzo/carboidrato/utilità. 

Il prodotto deve "tendere" al naturale (tipo pollo rimpizzato, svaccato e allevato a terra, nel senso che sta spiaccicato a 4 di bastoni perché pesa 20 kg, come il cane mio), il prezzo è buono se c'è l'offerta che ti dà i punti che poi ci devo prendere le padelle stellari), il carboidrato va valutato in quanto iscritta a palestra virtuale, infine l'utilità che sarebbe la valutazione finale. L'utilità è il punto di non ritorno. Una volta aver fatto la dimostrazione della formula del moltiplicatore del reddito, la radice quadrata dell'investimento e la valutazione della collocazione a casa di alcuni articoli la maggior parte delle volte entro in crisi, che non è la crisi economica ma: dove cazzo la metto una canoa in offerta? Ma io non vado in canoa, però potrei regalarla a mio cognato che si compra pure le motozzappette per 1 m di orto! Sí vabbé ma è inverno e il compleanno è ad agosto e poi la scatola si rovina…e poi se non fa canoa? Vabbè non mi serve una canoa. E rifaccio il tragitto al contrario per riparcheggiare il piccolo pacchetto (che però è una canoa ma sta in una confezione che ti aspetti un orologio e poi resti dimmerda pure se fai finta che ti piace) al reparto articoli in offerta. Lì cominci a renderti conto che il tuo carrello è misero rispetto a quello delle famiglie che vanno a fare la spesa in 6. Cioè non sono cariche di prole, ma generalmente queste donne si portano il marito mulo, la suocera (che gli sta sui coglioni ma devono dimostrare la loro abilità nel gestire la dispensa e  l'economia domestica), i figli, il cane e anche il ragazzo di colore che gli ha dato il carrello all'entrata e, diciamo, che l'euro se lo deve “guadagnare”.  Il carrello pare 'na piramide Maya e a me viene subito in mente la scena alla Italian Job ma a posto della mini c'è un carrello della spesa furgonato che sfreccia lungo il corridoio del reparto come una palla da bowling verso la cassa chiusa per mancanza di personale. 

Poi ritorno nel mio corpo e mi metto a studiare la mia lista.


Regina Re

Ipermercati di ipertensione

 




Ipermercati di ipertensione


La complicata visione delle cose deriva da un riflesso distorto di noi stessi. Etichette di contenuti ideologici, di cui zuccheri zero, su prodotti a buon mercato, per spesa on line, che non mi sposto dal divano. 

Chilometri percorsi dentro palestre dall'aria stagnante, su macchine di riduzione, centimetri da buttare insieme alla ritenzione di liquidi antiestetici. Siamo impostati per durare sino a sera, per indossare maschere antirughe e fare i conti con cervelli irriverenti. Per poi chiudere gli occhi e scivolare sul rullo di una cassa, trasportati lentamente, in attesa di un bip di lettura, prima di finire dritti in una busta. 

Ma non importa, quel che conta è avere sempre una scorta.


Regina Re

Schiaccia il serpente

 




Schiaccia  il serpente


L'aria ha cambiato colore 

E mastico sentenze che scorrono

Ma non sento il sapore

Di questo rumore

Una eco d'opinioni che travolgono

Su questo palco fatto di niente

Sento solo questo 

Un assordante vuoto

Riempito di delusione e rabbia

Per le azioni contro i diritti

E le non - azioni a favore

Il non rispetto del valore

È un uomo contro il muro

Evviva l'omertà

Dove la verità non vibra

Dove siamo finiti

Non è una domanda

"Siamo finiti",

Con i nostri valori

Che non contano un cazzo

siamo mezzi uomini

Ognuno con la sua tristezza 

da condividere, o meno

E restare nel mezzo

sempre tristezza è


Regina Re

mercoledì 28 dicembre 2022

La porta alternativa


 



 La porta alternativa 


“Nico esci e chiudi la porta!”, aveva detto il nonno curvo sulle sue carte.

Nico aveva appena varcato la soglia e già si ritrovava fuori, spalle a quella porta, sempre chiusa ai suoi occhi di bambino.

Quello era lo spazio del vecchio, in un’ala della casa che aveva fatto costruire, dove sarebbe dovuta essere la cantina e dove da sempre passava la maggior parte del suo tempo.

Il tempo sembrava fermarsi tra quelle rughe che gli arricciavano la fronte quando era pensieroso. Nico cercava di seguirle con lo sguardo ma queste sparivano quando un pensiero improvviso le rilasciava, e allora il vecchio guardava il bambino con quella strana luce mista di gioia e mistero negli occhi e diceva: “Nico, quando sarai grande, mi verrai a trovare senza dover bussare!”. Il pensiero passava veloce tra gli occhi del vecchio e quelli del bimbo, ma le rughe lo catturavano immediatamente tornando a segnargli il viso e disegnandovi un sorriso compiaciuto. Con quella frase il nonno lo lasciava tra i giochi noiosi e si rifugiava dietro la sua porta.

 

Questa volta Nico non aveva bussato, era entrato e “lui” sembrava essere ancora lì, curvo, con gli occhiali e la sua penna in mano a leggere e scrivere, scarabocchiare, pensare di fronte a quei dati che scorrevano incessantemente sullo schermo. Non si era voltato verso l’intruso e l’intruso non aveva indietreggiato, sebbene gli fosse venuto l’istinto di farlo. La porta era rimasta aperta dietro le spalle dell’ uomo. La stanza profumava ancora di tabacco francese, quello vanigliato che il vecchio usava fumare con la sua pipa, quella scelta tra le tante della sua collezione che era ancora in mostra nella vetrina dietro la scrivania, chiusa alla polvere che imperava in quel luogo in cui il tempo di un bambino era uscito e quello di un uomo vi era entrato.

 

La casa era rimasta chiusa da quando il nonno aveva chiuso la sua porta per sempre. L’aveva riaperta Nico, ora che il nonno aveva aperto la sua porta ed accolto i suoi genitori che a turno avevano deciso di varcare la soglia, sua madre prima, il padre poi.

Il cuore di un uomo non regge all’assenza di una presenza da sempre costante.

Le carte erano ingiallite e ricoprivano ancora la scrivania, in un disordine studiato, in cui nessun foglio era mai posizionato a caso. Il nonno neanche li guardava quando li afferrava e a volte li lanciava dietro di sé dopo averli accartocciati distrattamente. Sembrava che il suo cervello fosse suddiviso in stanze chiuse, ma tutte comunicanti, in qualche maniera.

Mentre Nico osservava ricordando, un foglio tra i tanti aveva catturato la sua attenzione. C’era un disegno, un uomo e un bambino che si tenevano per mano, tra di loro una porta aperta. Il disegno lo avevo regalato lui al nonno ma quella porta non l’aveva mai disegnata. Era scarabocchiata a penna, inchiostro nero e sputate a caso delle lettere e numeri aggiunti intorno.

“2038 P C3 4D - + -“ sotto il disegno, “12-6” sulla sinistra e “6-12” sulla destra. La data di nascita del nonno e quella di Nico.

 

Allora il pensiero improvviso era passato davanti agli occhi dell’uomo e il vecchio non aveva potuto catturarlo tra le sue rughe: “La cassaforte”.

Aveva aperto lo sportello del mobiletto posto in basso, sotto la vetrina delle pipe. 12-6 Sx e 6-12 Dx, scatto. Aveva aperto e tirato fuori quello che sembrava il prototipo di una memosfera, l’aveva presa in mano ricordandosi di quando l’aveva vista la prima volta.

Uno dei tanti giocattolini progettati dal CSA, il centro Sperimentale di Astrofisica che il nonno aveva fondato in giovane età.

Oggi se ne servivano le più alte sfere del mondo politico, militare e scientifico per la custodia delle informazioni alle quali era apposta una classifica di segretezza di livello Segretissimo o Top Secret.

Nico aveva afferrato quella specie di pallina da golf con la mano destra e aveva atteso.

Il tempo che i sensori ad assorbimento termico riattivassero il sistema di riconoscimento del palmo della mano attraverso la scannerizzazione CTV che avrebbe eseguito la lettura e il riconoscimento delle tre linee principali: “Cuore, Testa, Vita”.

L’aveva già tenuta in mano quella volta che il nonno gli aveva permesso di toccarla.

Poi il vecchio l’aveva guardato e di nuovo quell’espressione che ogni volta lo rapiva trasportandolo in altri mondi, forse non troppo lontani. Era tornato con una tavola digitale e gli aveva chiesto di imprimere la sua mano sullo schermo.

Le due mani, le due chiavi d’accesso, quella del vecchio e quella del bambino.

Mentre i ricordi scorrevano davanti ai suoi occhi, il foro di download aveva cominciato ad irradiare i dati e davanti ai suoi occhi una porta luminosa si era aperta mentre la voce riprodotta del nonno diceva: “Ora non devi più bussare, entra.”

La porta si era spalancata tra numeri, lettere che ormai capiva benissimo. Il bambino curioso era ora un astrofisico che si addentrava nella sua eredità di sapere.

 

Sarebbero stati in 16 oltre lui, il suo team di ricercatori al completo, quelli che da anni ormai operavano con Nico nel CSA. Ciò che Nico aveva scoperto andava ben oltre lo spazio e il tempo, poteva muoversi da un punto (P) con una velocità continua, accelerata o discontinua pur rimanendo in quel punto. Partire e tornare senza essere mai partiti, muoversi in qualsiasi direzione stando fermi, in una direzione non direzione, un moto inverso, una velocità negativa (-) che indicava una propagazione superluminare (+), una luce capace di uscire prima di essere entrata, proprio come il bambino sulla soglia del sapere di suo nonno. Il cristallo delle lenti degli occhiali del vecchio rifletteva ora quegli impulsi provenienti dagli occhi di Nico. Una velocità al contrario (C3), 4 Dimensionale, una porta alternativa allo spazio e al tempo, la porta racchiusa tra le mani di un nonno ed un bimbo in un disegno.

 

La porta dell’area riservata del CSA si era chiusa per costruirne un’altra, quella che avrebbe aperto qualsiasi porta e permesso di spostarsi negli universi senza mai dover varcarne la soglia. Nascere prima di morire e morire senza essere mai nati. Uscire senza essere mai entrati, arrivare senza essere mai partiti. Ora il nonno gli intimava di uscire, non dalla porta, per entrare in un tempo in cui nessun bambino avrebbe più dovuto bussare.

 

Anno 2038


Regina Re

martedì 27 dicembre 2022

The way back


 


The way back 


Quando la notte si veste di pioggia 

e i binari sono infiniti

come il tempo che non passa

ma ti trascina via

Quando il passato, che non se ne va

ti sembra obsoleto 

come un’ immagine sfuocata

di cui non distingui i dettagli

Quando un cartello ti dice basta,

è tempo di andare

allora sei cresciuto

e il tuo tempo è tornato

Vado oltre il mio muro

pur non dimenticando

che la diffidenza è la mia forza,

che non temo l’alba

ma sono stanca dei tramonti

Perché la possibilità è un’opzione

e il merito un’occasione

per chi è già caduto

e si sforza di guardare avanti

a testa alta

e ignaro del futuro


Regina Re


lunedì 26 dicembre 2022

La strada di ferro

 



La strada di ferro


Se mi avessero detto che la mia casa non avrebbe avuto sempre un tetto e che il mio letto avrebbe assunto forme diverse, forse avrei preso le mie decisioni per tempo.

Scelte incondizionate non ne avevo mai fatte, niente per niente e avevo ottenuto sempre qualcosa.

Di mia madre ricordo l'odore e quella coperta che tenevo stretta e che sapeva di tutto. La mia famiglia non se la passava bene ed eravamo troppi per tenerci tutti.

Ci chiamavano bastardi anche per gioco, ma non giocavamo poi tanto. Lei non lavorava e badava a noi, lui era fuori tutto il giorno e quando tornava non ci parlava mai. Lei si arrabbiava spesso e quando gridava noi sapevamo dove nasconderci. È facile nascondersi, basta chiudere gli occhi e pensare che nessuno ti possa vedere. Hai mai provato? Puoi infilare la testa in un secchio o metterti una busta in testa e sarai altrove. 

Mi è rimasta questa cosa di strizzare gli occhi quando sento un rumore improvviso, una minaccia di tuono, uno schianto, un colpo inaspettato.

“Hey tu, vai via di qua!”

La gente non ti vuole accanto, si spostano o accennano sguardi di compassione, ma non si fermano.

I bambini sì, loro tendono spesso la mano, ma vengono subito strattonati via da madri che corrono su tacchi invisibili  e che hanno un disco inserito tra le protesi in silicone, come le vecchie bambole di plastica: “Non possiamo aiutare tutti tesoro!”. Ho un'allergia da un po' di tempo e continuo a grattarmi. La dermatite mi distrae dal sonno. Ho tanto sonno. 

Quel giorno dormivo quando tutto divenne notte e poi il giorno cambiò e anche la notte non fu più sonno. 

Non ricordo più il mio nome, se ne ho mai avuto uno, i nomi servono solo a riconoscersi. Io voglio solo conoscere.

Il mondo me lo ero immaginato in una scatola, clak clak, tac, parola magica, il coperchio volava e, shhhh, io ero felice.

Ora non so, ho una illusione di felicità, un baleno immediato che mi percuote, un calore che mi arriva su per gli occhi e poi c'è la strada, guardo solo verso ciò che conosco. La strada mi conferma se sto facendo la cosa giusta. 

“Ciao, come va oggi?”, osservo intorno e un’auto rossa è parcheggiata al solito posto davanti al bar. Devo stare attento, come quella volta che uscirono quei due e quello più grosso se la prese con me.

Lei è Sonya, la vedo quasi tutti i giorni, esce pure lei dal bar e mi porta la colazione. Sonya si ferma qui e aspetta.

“Hey stronza, la finisci di perdere tempo a parlare con questi rifiuti? La bocca usala per fare altro. Forza sali”, ecco lo sapevo che sarebbe arrivato.

Lui è un ciccione pelato che la passa a prendere sempre alla stessa ora e poi la riporta qui davanti al bar a orari diversi. Il ciccione puzza di rancido, lo sento quando si avvicina. C'è sempre qualcun altro in macchina con lui, sul sedile posteriore. Rosso, attento, stai attento. Lei sale e va via. Ogni giorno va via. Non lo so dove va Sonya tutti i giorni. Lei dice che un giorno tornerà dalla sua famiglia, non appena avrà abbastanza soldi. 

Guardo la macchina che si allontana. Non so dove finisca la strada. La strada continua sempre. C'è n'è sempre una dopo un’altra e poi ce ne sono ancora e quando i cartelli sono troppi io torno indietro.

Torno dove conosco. 

Oggi il cielo è forte, pesante come le mie ossa, i giganti d'ovatta si muovono e camminano sopra la mia testa, li osservo mentre avanzano lungo le strade bianche, quelle dritte, anche loro vanno ovunque trascinati dal vento, come le foglie. 

Il mio passatempo preferito è osservare il movimento. Mi piaceva tanto guardare i colori che ruotavano in mezzo all'acqua con le bolle. 

Allora vado dove c'è tanto movimento, dove ci sono colori, dove c'è la strada di ferro. 

Qui il tempo lo trovi su cartelli illuminati, il tempo si trasforma e i numeri scivolano come finestre rotolanti. Le scarpe sfilano sui binari, avanti e indietro, quel laccio sta per sciogliersi, le scarpe salgono e scendono da scatole di sardine unite in fila.

Entro ogni tanto, quando c'è Paolo. 

“Io non ti ho visto ok?”. Fiiiiiii, le porte si chiudono e il mondo scorre. Sono viaggi indimenticabili, almeno sino a quando qualcuno non reclama: “È inammissibile, segnalate a chi di dovere”, e allora Paolo è costretto a farmi scendere. I miei viaggi terminano contro il muro del rifiuto. Solo i rifiuti non si accorgono di me. Damiano divide con me quello che trova. I suoi denti, quelli rimasti, sanguinano spesso da quando prese quella bottiglia in faccia. La notte è una gara per cercare un posto dove stare tranquilli, ma non è sempre così. Quella volta Damiano stava dormendo, dopo quella iniezione, quella che si fa sempre quando sta male e poi sta meglio. Io gli faccio compagnia sino a quando si sveglia. Quella notte presero a calci anche me. Io scappai ma Damiano neanche si svegliò dalla pozza di sangue. 

“Non ci sono posti per noi, mettitelo in testa, noi non dobbiamo vivere ma sopravvivere”, questo mi disse quando ci incontrammo la prima volta. 

A volte ho nostalgia del mio passato ma poi tutto diventa bianco e il bianco non ha colori, non da avvisi. L'odore di candeggina e di sangue arriva improvviso, il rumore del metallo e il freddo dell'acciaio. Le luci a neon si infilano nelle pupille invisibili e tremo. Lamenti silenziosi, nei respiratori, cuori morti ma pulsanti, topi bianchi con gli occhiali. Nessuno può urlare senza corde vocali. Ora sono qui, sono scappato mentre quello strillava col collo insanguinato. Stavano per farlo anche a me. Ero morto per un po', poi di nuovo vivo a metà. L'altra si è sciolta nel terrore, in quel salto nel vuoto, nelle ossa spezzate. Ho mangiato i miei vermi tra gli scarti di carne cruda. 

Mangio spesso quello che la gente non mangia, anche quando ha odore di morte. 

Ma quando la fame è morte nella bocca e morsi di vermi nello stomaco, il sapore ha poca importanza. 

Oramai la gente lascia le buste fuori dai bidoni, alcuni lo fanno per pigrizia, altri per evitare che quelli come me siano costretti a rovistare nella spazzatura per sopravvivere. Nazarena, la vecchia, ogni sera mi lascia un pezzo di pane che si è tolto di bocca. Lo impregna di sugo, così almeno è buono, lo incarta in un tovagliolo di carta e me lo porta. 

Ci sono anche anime dietro i volti senza faccia che vedo ogni giorno. Mostri di indifferenza che ti passano sopra se non ti sposti. Il movimento a volte ti può sorprendere per la violenza dell’impatto: “Dai dai forza, accendi che ci divertiamo!” Ancora ho i segni sul corpo. Fu proprio Nazarena a trovarmi mezzo morto.

Della carne conoscevo solo l’odore e il sapore, sino a quando ho visto anche quel colore.

Rosso, attento, stai attento.

Il rumore metallico mi sveglia ogni volta che il topo con gli occhiali apre la gabbia.

Mi piace pensare che davvero sono riuscito a scappare, ma sono ancora qui.

Ora sono qui. Fisso un punto dove mi sento al sicuro.

Un punto fermo nel tempo.

Le azioni a scadenza si rincorrono, ogni giorno è l'ora come ieri e domani, oggi è la stessa.

La strada la conosco, come se il mio destino fosse al bivio. Il mio destino è un continuo tornare indietro mentre i miei occhi guardano altrove, uno sguardo senza meta. Mi distraggo con un aquilone che volteggia. 

I miei occhi guardano in alto, dove non c'è ieri e domani. Ma solo ora.

E non c'è un tempo che torni mai, né un cane che mi rincorra. 

 

“Che vita da cani”, dite voi, spesso.

No, vi sbagliate perché siete voi i randagi ed io la mia vita la pensavo diversa.


Regina Re

giovedì 22 dicembre 2022

Si survey chi può


 


Si survey chi può.


1. E’ il caos che avanza o il caso che è fermo in attesa?


La domanda mi lascia interdetta, la salto come faccio spesso quando non so cosa rispondere. 

Il tempo ora non mi manca più. Mi lasciano il tempo che voglio. Ora sono io a decidere.


“Signora si metta in fila e rispetti la distanza”. La cassiera passa la tessera fedeltà, sfilo la carta di credito anche se l’importo e`molto basso, non voglio contatti con i contanti, digito il pin e scorro piu`avanti, come i pezzi sul rullo della cassa. Una volta sognavo l’addetto alle buste della spesa, come quello che avevo trovato nell’anno 1999 alla cassa del Safeway a San Francisco, nel quartiere dell’arcobaleno. Allora apettavo il 2000. 

Oggi, 21 anni dopo, non si può aspettare, paghi, riempi il carrello e vai fuori ad impachettarti la spesa come ti pare, anche in ordine alfabetico. Smalto e rossetto sono un vago ricordo di quando non avevi problemi a tossire in pubblico. Ora sono tutti DOC, che non e`l’etichetta di un vino pregiato ma un distubo ossessivo compulsivo dettato dalle nuove norme igieniche visibili ovunque. 

Peccato non ci sia più neanche il tizio che ti sblocca il carrello al parcheggio del supermercato. Siamo soli, tra i vari reparti, a misurare la distanza. Come se prima la distanza non ci fosse mai stata, quando il tossico dormiva per strada e magari era pure morto e gli passavamo accanto facendo finta di niente, mentre passeggiavamo nei nostri giardini d’amianto.

Quando non sapevamo neanche cosa fossero le RSA e i vecchi erano solo dei rompicoglioni e pagavamo gente per assisterli in ospedale invece di dargli una parola di conforto.

Ora no. Tutti i mali sociali sono sotto la lente di ingrandimento, sappiamo come si lavano correttamente le mani e piangiamo i nostri morti e partecipiamo ai loro funerali on line, denunciando una solitudine che per anni abbiamo rincorso.


“Ciao nonna, come stai?” Ha 94 anni e ci seppellirà tutti, ma lei è fortunata, sono secoli che vive in quarantena, segue le messe in televisione e ogni giorno è circondata da figli, nipoti e pronipoti. Non le va di uscire e si concentra sulle lavatrici da fare, i panni da stendere in un certo modo, che poi non occorre stirarli, basta piegarli nel modo giusto. Ci stressa dalla mattina alla sera ma finchè lo fa sappiamo che sta bene, nonostante gli acciacchi che ha da quando ho memoria.

I genitori invecchiano, i nonni no perchè vecchi lo sono da sempre.

Ma tanto della città le sono sempre interessati soltanto la chiesa e il cimitero, per questo forse non esce più. Il figlio lo può piangere ogni giorno anche da casa e la comunione la domenica gliela portano in cucina. Il suo mondo è lì. La bacio sulla testa, anche se è vietato. Lei mi guarda e mi sorride, tanto lo sappiamo soltanto io e lei.


Mi hanno appena chiesto di scrivere un racconto urbano ma non posso. Un racconto non può essere solo introspettivo, ci vuole il diagolo altrimenti rompe il cazzo. Nessuno vuole leggere i tuoi discorsi mentali e oggi è richiesta la sintesi, testi brevi e concisi. I tuoi milioni di follower mettono cuori se abini una frase ad un tuo selfie, cazzo gli interessa di di ciò che pensi? Occorre saper stupire, non importa come, l’inaspettato ti rende l’eroe del giorno, il successo dipende da quante persone raggiungi e da quante sei seguito. 

Che poi che cosa seguano non si sa. 

Una colata di cemento ci ha resi suburbani e subumani. Il mondo ha cambiato colore e i rifiuti tossici sono sepolti sottoterra mentre sopra c’è aria che non inquina più ma nasconde soltanto un nemico invisibile. 

Un tempo c’era anche l’odio, quello me lo ricordo bene, quando eravamo tutti ammassati dentro un treno e la gente puzzava e la odiavi, sticazzi dell’orientamento al prossimo, dell’intercultura e dell’integrazione. Se puzzava puzzava. L’altro occupava solo uno spazio, limitando il tuo e togliendoti aria, aria che sapeva di tutto fuorché di ossigeno. 

Oggi l’odio non c’è più, in pochi mesi è sparito e nel mondo siamo tutti uguali e con il pugno verso il cielo gridiamo un nome che comprende tutti, anche la gente dimmerda. 

Come faccio io ora a parlare del cemento nel quale sono nata? Come faccio a dirvi che il verde non è il mio colore preferito? E che ho appena letto apocalittico invece che apostolico?

L’attitudine mentale cambia il mondo, perchè in realtà il mondo non è mai cambiato. 

Se non fosse per gli animali da balcone e per le pubblicità che ora dalla cascina del mulino bianco sono passate alla fattora in cucina, dove la famiglia ha ristrovato se stessa nonostante la mancanza di spazi. Anche quando i membri sono animali a due zampe.

Soltanto il mio di mondo non è più come prima.

Le nostre maschere non spaventano più e puoi girare anche con il casco in testa, non importa più a nessuno che tu non sia riconoscibile e a te sta anche bene, quando vuoi soltanto nasconderti.


2. Pensi mai al passato?


Questa domanda non mi turba e scrivo: “Sì , certo, penso al passato perchè non vedo futuro.” “Dov’è il futuro. Dov’èèèèè???? Me lo vuoi dire, cazzo, dove sta?”. 

Grido, come se un questionario potesse rispondermi. Il cane si alza e abbaia con la coda in alto ferma. Gli faccio un cenno di stop con la mano aperta e lei smette di abbaiare e si sdraia di nuovo vicino ai miei piedi.

Io mi alzo dalla sedia, mi devo calmare altrimenti poi arrivano, se percepiscono qualche sbalzo d’umore.

Ci ho appena pensato al passato, non troppo lontano. 

Da allora scrivo solo risposte a domande. 


È passato un anno da quando il nostro Premier annunciò i test di massa gratuiti per tutti. Bisognava decidere se le scuole potessero essere riaperte in sicurezza. Le attività piano piano avevano ripreso, un po’ alla volta, dopo il lock down.

Il risultato andò oltre l’immaginario, visto che quasi tutti risultarono essere entrati in contatto con il nemico. L’unico nemico con il quale il mondo continua ancora a combattere, nell’attesa che il prossimo vaccino funzioni.

Tutte bufale, fake news, una dietro l’altra, pagliacciate abilmente montate, una valanga di soldi investiti nella ricerca e ora in tasca a chissa`chi. Un fallimento totale.

Il risultato? Io qui chiusa, come i carcerati.

Perchè non mi sono ancora ammalata, perchè non ho anticorpi e sono un Tipo 1. Da quando avevo 6 anni. Un’altro nemico invisibile. Il diabete.

Ora ne ho 46 e da 5 anni vivo con un DAD, che non è quello che pensano tutti coloro che si sono ostruiti la bocca con la nuova istruzione, ma è un Diabetic Allert Dog, oltre che una femmina di border collie attenta a tutto e soprattutto a me.

Uno dei pochi cani sentinella rimasti, perchè oramai ci si affida soltanto agli scanner per qualsiasi cosa. Ma io resto fedele a lei, per non dimenticare chi sono.

O almeno cosa ero prima di restare confinata in un angolo di città che da un anno non so più com’è.

La città fantasma si è ripopolata in fretta durante la fase 2. Ne sono seguite altre di fasi di cui ho perso il conto visto che la mia libertà è ancora nella fase x.


3. Hai la possibilità di scrivere ciò che vuoi per un massimo di 2000 caratteri compresi gli spazi. Cosa scriveresti?


“Questa volta hai superato il test. Hai affrontato l’isolamento e hai avuto pazienza ma soprattutto hai seguito le regole.

È solo una questione di controllo, l’autocontrollo che non tutti hanno. Anche un piccolo difetto può essere la tua salvezza. Ciò che ti ha cambiato la vita te l’ha anche salvata. Hai presente “The Cube?”, ecco pensa a chi è riuscito ad uscirne vivo. La tua debolezza che ti mette a rischio ogni giorno ora è la tua forza.

Sei stata selezionata, insieme ai pochi altri che come te non hanno sviluppato anticorpi. 

Sei entrata a far parte di un programma militare. 

Il futuro non sarà lungo per molti. Sappiamo che il virus tornerà e purtoppo abbiamo scoperto che andrà a cercare coloro che ha già trovato. Sarà diverso e peggiore. Gli anticorpi sono segni che lascia per riconoscere dove e con chi è già entrato in contatto e ha lasciato una parte di sé nascosta. Una parte che non è morta ma deve soltato essere riattivata, dove sarà più facile per esso crescere e diventare più forte. Dove le persone sono troppo sicure di non aver più bisogno di precauzioni. Le stesse persone che non seguendo le disposizioni all’inizio si sono infettate ed hanno generato la pandemia globale. Una crescita esponziale di superficialità, presunzione ed arroganza. I virus peggiori del mondo.

Doveva essere un esperimento e invece è diventato un inferno nel quale stiamo cercando di salvare il salvabile. Prepara una borsa con poche cose. Verranno con un furgone DHL. Prepara anche il tuo cane”.


Metto un punto e sono decisamente entro i limiti  imposti al mio pensiero. 

Poi aggiungo: “Forse domani andrò al 41bis.”


Di Regina Re


Per i complottisti ed esperti di teorie al mentolo, per gli opinionisti da tastiera si precisa che ogni riferimento a persone e fatti è frutto di pura fantasia.


martedì 20 dicembre 2022

ESP

 




“ESP”


C’è chi crede nell'esistenza di alcune porte.

Io personalmente non ci ho mai creduto, sino a quando mi sono trovata ad aprirne una.

“La casa è in pietra viva, circa tre piani, dietro c’è un bosco e sulla destra , proprio ai piedi della casa, scorre un torrente. E` notte e sono dentro la casa, al terzo piano, non vedo mobili ma soltanto mia cognata Stella, la sorella di mio marito, in vestaglia da notte.

E` incinta del terzo figlio, al settimo mese di gravidanza. Piange disperata di fronte ad una finestra spalancata ed io sento ciò che prova. So che le è morto il marito e lei non può continuare a vivere. Mi guarda e capisco che quella è l’unica soluzione, e non la fermo. Si getta dalla finestra. La scena cambia ma è ancora notte, sono in strada e c’è una processione. Io e lei camminiamo, mano nella mano.”

Mi sveglio, sono le 23.40 circa di una notte di giugno o luglio, non ricordo. Anno 2007.

Il mattino seguente chiamo mia cognata per sapere come sta e se ha avuto qualche problema. 

Ma sia lei, la bambina che aspetta e suo marito stanno bene.

Vado in ufficio. Nel tardo pomeriggio, prima di andare a casa mia, passo a trovare i miei nonni. 

Sono molto stanca e mi siedo sul divano, in cucina, mentre mia nonna mi parla e mio nonno ascolta la televisione ad un volume inaccettabile. La televisione è sempre accesa nella cucina e la puoi ascoltare da qualunque stanza della casa e anche del giardino. Mio nonno non sente comunque ma la guarda. Spesso la guardo distrattamente mentre mi parlano ma non vedo e non ascolto. Questa volta non rispondo a mia nonna che mi sta rincoglionendo. Sono le ultime notizie del TG che è già cominciato, sotto lo schermo scorrono veloci parole che non leggo perché sto guardando quell'immagine, la casa nel bosco con il torrente. Sono impietrita mentre ascolto la voce che dice: “Si è gettata nel torrente con il bambino di 7 mesi”. 

Vado su Internet e trovo la notizia: “Al Nord, la scorsa notte, intorno alle 23.30, una donna si è gettata alle dalla finestra della sua casa con il bimbo di 7 mesi tra le braccia. Aveva perso il marito da poco e non ha retto al dolore.”

Ci sono porte che si chiudono, nella notte, mentre il cervello filtra detriti purificando il liquido del torrente che scorre veloce nella breve vita del nostro giorno. 

Ci sono luoghi sconosciuti in cui abbiamo sempre abitato, ci sono costruzioni in pietra viva e ci sono pietre che costruiscono la nostra vita. Ci sono piani senza stanze e stanze con piani diversi, dimensioni collegate da finestre che ci chiamano, non appena la porta della nostra distrazione si chiude silenziosamente alle nostre spalle. 

Siamo al terzo piano e non c’`e tempo né parole per descriverlo.

Ci sono soltanto i nostri occhi a percepire distrattamente le immagini di un televisore acceso, a volume massimo.


Regina Re

lunedì 19 dicembre 2022

Blu petrolio o verde?


 


Blu petrolio o verde?

 

Non te lo scrivono tra pesi e misure quando nasci

non è contemplato tra gli strilli di un neonato

neppure la circonferenza della testa

che è coraggio in centimetri

di un cervello che già pensa

e mette piede sulla terra

le urla non sono petrolio

che è natura coperta

ricca e nera

che dorme 

e aspetta l'uomo

per esplodere

scende nero, goccia a goccia

una doccia oleosa

che idrata la pelle

il petrolio è nero blu o verde?

io il petrolio ce l'ho dentro 

ma non aspetto un uomo

Aspetto solo il momento.


Regina Re

sabato 17 dicembre 2022

Porta guasta

 



Porta guasta


Mi chiedo come mai la gente si affanni così tanto per non perdere un treno. Non parlo del treno della vita, la tua unica opportunità di sfoderare un talento (che se sei convinto ma poi non ce l'hai è meglio che il treno lo perdi), la donna o l'uomo della tua vita (che poi temandaaffanculo e il treno te passa sopra comunque), il lavoro che sogni sin da bambino (sì, diciamo che 'sti sogni si evolvono crescendo, dall'astronauta al calciatore, dal pilota F1 al pilota PS4, dalla parrucchiera della Barbie alla Barbie con le extentions e tanti altri sogni dimenticati perché in realtà poi la gente si stufa perché vorrebbe tutto e subito e per i sogni ci vuole tempo). 

No, io parlo proprio di un treno, quello che arriva sempre in ritardo tranne quando lo stai a perdere, quello che se è già arrivato c'è sempre il tizio in giacca e cravatta che parte da un km di distanza correndo per 1000 m  i 100 m olimpionici e ci impiega davvero 10 secondi ad arrivare coi polmoni in mano davanti alla porta che è chiusa, allora prede a pugni il pulsante verde che non si accende e invece di cambiare porta (perché il treno è ancora fermo) continua a prende a capocciate il pulsante verde, senza aimé notare che c'è un cartello appiccicato con lo scotch: "Porta guasta". Questi sono i momenti in cui l'uomo capisce che non è vero che i treni passano una volta sola e checcazzo succede se prendi quello dopo?


Regina Re

domenica 11 dicembre 2022

Future proche

 



Future proche


hey amico, mica ci avevano avvertito

che quel lampo nei nostri occhi

era vita e non paura

hey amico, mica l'avevamo capito

che il sangue sale al petto

quando l'amore diventa rabbia

hey amico mica ci avevano detto

che la chimica non è solo formule

che la matematica è un'opinione

che la poesia non è memoria

è carne

non solo parole

hey amico il nostro futuro è qui

la banca ci spalanca le porte

la firma in basso a destra

e piove e cadono soldi dal cielo

il futuro è meno nero

ora che hai imparato la formula

di un moltiplicatore

il tuo futuro è nel reddito

la cura di un debito

e gli interessi in una flebo


Regina Re

sabato 10 dicembre 2022

Giardini d’amianto

 




Giardini d'amianto 


Perché il grigio chiaro sfuma solo nel fumo delle Camel, light 

che la leggerezza è l'illusione di un elefante che si crede una libellula

Sono nata tra il cemento di un paese/dormitorio che continua a non svegliarsi

dove la pioggia è predisposizione genetica

un trend di precipitazioni costanti 

e l'umore un'altalena

di alti e bassi

che spingo con forza

e che dal cielo

sempre indietro mi riporta.


Regina Re


Ho perso il cielo

 


Ho perso il cielo


Sospesi tra l'eterno tendere

e il mai arrivare

restiamo,

prigionieri di gabbie aperte

dove le piume si staccano

e cadono,

stanche di ali scarne

Gli uccelli non amano volare

se sono già caduti 

almeno una volta,

se hanno perso il cielo

e il desiderio è troppo in alto,

lontano dalla terra

e impresso in uno schianto


Regina Re



sabato 3 dicembre 2022

Free time


 

Free time


There's a time hidden 

beyond the landscape

There's a perimeter

Well defined, by a fancy tiny light

A dark shadow is filled 

by fluid emptiness

Just for a while,

From time to time

They're all and holes

At each single step

Which stresses and rests

But you're at the end

Of this floating land

When the sun is setting

Where a moon is waiting 

For a huge and lonely sky 

Feel free tomorrow

That's the real dream 

At the next time line


Regina Re

Bang


 

Bang


C'è sempre un canale aperto

Una sensazione di voce che non tace

Ci sono giorni che hanno l'ansia di ieri

E notti che si adattano al domani

C'è sempre un ricordo da ascoltare

E fare finta di niente

Per potersi perdonare

Quei fogli bagnati da mille parole

Che fanno il giro, e se ne vanno

Non tornano

Si perdono

Si cercano

E poi ti trovano

E ti mangiano il cuore

E ti restano attaccate

Puntate addosso, come pistole


Regina Re

venerdì 2 dicembre 2022

In un mondo di incompetenze

 



In un mondo di incompetenze


La fortuna è non vincere mai niente

e restare nei tuoi panni sinceri

che lo stile lo fa il tuo cuore

il carattere non è una confezione

meglio una borchia 

che una firma d’oro 

che si stacca

senza anima

E se vuoi essere popolare

stai con chi non lo è

che il rumore di un applauso

è il silenzio di una bugia

e invece una madre che strilla

urla amore

Ma ormai compriamo solo su carta

case di ovatta

con pareti antistaminiche

che la noia invade i soffitti

È sempre colpa della crisi

se l’allergia al lavoro

affossa i divani

Ma intanto aumentano le vendite

e il PIL e i PIN

e le richieste d’amicizia

e i finanziamenti per la fiducia

che vogliamo subito

e poi la ridiamo indietro

in comode rate 

e tanti interessi


Regina Re