domenica 24 febbraio 2013

Memoria futura

anno 1992, due teste, una memoria, un pensiero comune per il futuro.
La Marta e Regina Re da: "tutti i pazzi per Me!!!"



“mémoire future"



dans l'abîme de mon âme
il y a un labyrinthe impasse
où se cache l'espoir d'une femme
qui veut surmonter son angoisse
oubliez-moi, laissez-faire
Je veux me faire vivre
ce film doit encore terminer
rappelez-vous comme j'étais
ne regardez pas maintenant
dans mes yeux il y avait l'été
aujourd'hui le rêve de l’enfant
dans les mains tu as le pouvoir 
donne enfin les couleurs
à ce mauvais film en blanc et noir

je ne peux pas noyer dans un verre d'eau
après avoir navigué sur la grande mer 
sans le poids du cerveau
la vie serait plus légère
donc boit- le vitement
ce calice jusqu'à la lie
“une autre bouteille maintenant! "


Marta & Regina




mercoledì 20 febbraio 2013

Le parole regali non dette


Diciamola tutta:

Indici-bile perché indici-zzato


“Taci, non odo parole che dici umane
Ma soltanto delle immani stronzate
Che ascolto muta, senza parlare
Tenendo a freno la mia bile
Poiché il giallo non mi si addice
E cerco le mie parole-chiave
Attendendo una fine speciale
Con la quale non avrò nulla a che fare
Mentre elegantemente e senza rimpianti
Ti manderò dritto a cagare”




Regina Re










Fotografia: Paola Sinibaldi
Editing: Eleonora Volpe
Abito: Francesca Cacace




martedì 19 febbraio 2013

C-ELE-RE!


Credits:
Fotografia: Paola Sinibaldi 
Editing & Stilyst: Eleonora Volpe
Testo: Regina Re
 







C-ELE-RE!
Sono poco distante dal centro
Al limite d’azione a voi concesso
Poco sopra quell’arco aperto
Guardo il mondo e lo rispetto
Campi di luce segnano il confine
Albe, tramonti indefiniti
Entusiasmi non previsti
Sfondo di previsioni forzate
Aspettative inaspettate
Schermo la timidezza nell’ombra
Luce bianca contorna le labbra
Sparo rosso, arancio, viola
Cammino sopra ogni cosa
Ma io non copro la sua testa
Vi riparo da una magnifica irruenza
C-ELE-BRALE è la mia azione
C-ELE-BRAZIONE di una gran passione.


Regina Re

 

lunedì 11 febbraio 2013

"L'incrocio" di Anna Cibotti




Il numero quattro ritorna, dai racconti alle macchine. Al principio le macchine sembrano essere le protagoniste. Sfilano sulla strada la Citroen grigia, la Ritmo bianca, la Mazda rossa e la Fiat Punto grigio metallizzato. Arrivate all’incrocio le macchine ferme svelano i loro abitanti: Il professionista della Citroen, L’Amorevole della Ritmo, La coppia di amanti della Mazda e lo Scettico della Punto. Ognuno il suo colore, ognuno la sua storia.
Tranne uno.
L’incrocio è il caso, il luogo della verità, dove silenzio e attesa mutano la durata del giorno e della notte.
Un giorno troppo corto che cede il posto ad una notte troppo lunga.
La notte della verità. Le tre verità.
La fila di macchine sul ciglio della strada è un po’ il lasciare i propri impedimenti, ciò che ci  sbarra un cammino che invece dobbiamo percorrere con le nostre gambe, nudi. Quando il mezzo non ha anima e non può credere a ciò che accade deve essere lasciato.
La chiave gira a vuoto : “Non si accesero i motori, ma gli animi!”
Il silenzio innaturale, l’immobilità e un’inquietudine tangibile fanno da cornice al quadro descritto.
La scrittrice comincia a disegnare i profili di ciascun personaggio, come se improvvisamente un riflettore venisse puntato su di lui.
Allora ci presenta lo Scettico che “ora che divideva la sorte con gli altri, si era calmato. Non erano soli al mondo, perbacco! Così cercava di convincere tutti, sicuro com'era che ci fosse  una ragione per ogni cosa”. Lo Scettico si distingue immediatamente dal resto del gruppo come colui che non è d’aiuto a nessuno, che può decidere di seguire gli altri o restare davanti ad una campagna brulla e solitaria.
La scrittrice ci fa subito intuire che la situazione è abbastanza anormale poiché i lavori in corso sulla statale hanno portato soltanto quattro macchine a quell’incrocio. Un trattore traghetta i protagonisti di questa storia ad un rifugio. Il contadino guida questa sorta di processione religiosa e svela agli ospiti di questa avventura che non sono i primi né saranno gli ultimi. Forse resteranno due giorni. Forse.
”Parlava lentamente e scandiva le parole come volesse fargliele capire una volta per tutte”. Tutti capiscono tranne uno, lo scettico. Egli chiede spiegazioni ma non ottiene risposta, come tutti gli scettici che non credono e domandano. Ma se non credi nelle risposte non avrai mai una risposta.
La foschia avvolge tutto e prepara la scena alla narrazione.
Il Professionista è il primo, la sua storia è la storia della bellezza consumata dalla routine, della pesantezza accresciuta dalla noia e della fuga facilitata dall’abitudine. L’assenza che ricompare sotto altre spoglie, la bellezza che ritorna dopo una lunga vacanza e osserva l’incredulo con occhi “che sembrano due pozzi vuoti e incolori”, che guardano attraverso, senza appoggiarsi.
“Quelle scure orbite vuote di vita, mi chiedevo se non ci fosse l'opera di qualche entità maligna. Lei ridacchiava ed io me ne convincevo sempre di più." Di nuovo il lettore è sbattuto contro un’entità invisibile e può decidere se continuare ad ascoltare e credere al Professionista oppure essere scettico e continuare a scuotere la testa senza seguire più di tanto la storia. Rifiutarla a prescindere: “C’era una ragione per ogni cosa e lui era convinto di conoscerla”.
La perdita dell’anima è la perdita dell’amore. L’amore perde peso, la bambola di celluloide sostituisce la donna ferita e delusa. La cura miracolosa è segreta ed è nascosta nel bianco de retro delle foto del tradimento, chiusa in una busta gialla imbottita, di quelle che si usano per spedire libri o documenti. Tutto qui! No, silenzio. Il silenzio eterno. La voce calda e pacata uccisa da quella stridula e sciocca si suicida nel silenzio di uno specchio. Il momento della verità cancella la bellezza, riportando in superficie la cupa disperazione che rende nuovamente vivi gli occhi della moglie ritrovata. L’ignoto, il presentimento, la verità sfumano nell’unico desiderio di accarezzare quel volto, mentire a quel volto in lacrime poiché “Lei aveva bisogno di tranquillità in quel momento.” In realtà la tranquillità è quella della vecchiaia e non quella della giovinezza che fugge.
“Non chiederti il perché, ce l’hai sotto gli occhi”. Abbiamo sempre le nostre risposte in tasca travestite da domande. Non leggiamo, non vediamo. Accettiamo.
L’attesa che si avverte leggendo si traduce in una silenziosa preghiera. Il caso è davvero un caso?
Non è forse il rifugio un luogo dove ritrovarsi, riposarsi e poi riprendere il viaggio, quando si è raggiunta la giusta consapevolezza dell’entità del cammino che si è percorso e di quello che si deve ancora percorrere.
La stanza è carica di aspettativa e ognuno pensa alla sua storia che ora vuole condividere.
Tranne uno che cammina avanti e indietro.
L’autrice fa poi avanzare l’Amante, colui che ha sposato il riflesso dell’amore ovvero colei che ha generato la giovinezza che lui ama. La gelosia, la possessività e  l’esclusività si contrappongono alla complicità affettiva extra coniugale. L’apparente indifferenza culmina in tragedia. La morte saluta dalla finestra e ti alita dietro il collo. Il saluto di routine e uno schianto. La condanna: L’impossibilità di amare chi si ama. “Un fatto inspiegabile. Un vero mistero”. La morte è rimasta, “Lei è rimasta lì e ci osserva. La sento. E' la mia ombra.”
Continua a distinguersi la figura dello scettico. L’unico che non ha un capitolo in questo libro.  A lui la scrittrice non concede il beneficio dello spazio:
“Ormai erano consapevoli di essere vittime di qualcosa al di la dell'umana conoscenza.
             Tutti meno uno. Lo scettico”
“Dopo il discorso dello scettico si erano guardati l'un l'altro scuotendo la testa. Era un uomo che non voleva arrendersi all'evidenza. Presunzione e ignoranza gli impedivano di credere che ci fosse qualcosa al di là della comprensione umana. La sua ostentata sicurezza lo rendeva sempre più antipatico. La sua mancanza di sensibilità poi...”
Interessante l’apertura dell’ultimo discorso, quello dell’Amorevole: “Solo chi ha avuto certe esperienze drammatiche può capire e comprendere. E' difficile raccontare quello che ci è successo  sapendo di non essere creduti, ma compatiti o derisi. A me è capitato sempre da quel giorno.”
Un marito che perde la calma facilmente, che detta legge ad una moglie e ad un cane bassotto, un uomo che non ha abbastanza persone da comandare in casa e a lavoro non ha abbastanza ambizioni. Un uomo che non si espone e rifiuta di migliorare perché il testardo non accetta consigli da nessuno. Un uomo riservato e pensieroso ma privo di ricchezza interiore perché: “Non diceva niente perché non aveva niente da dire.” Un uomo che alla prima difficoltà si arrende e non accetta la sconfitta tanto da rifugiarsi in cantina e decidere di assumere un atteggiamento autoritario. Un uomo che parla per ferire e che alla fine ferisce senza parlare.
“Cosa passa nella testa di un uomo che si sente un fallito? L'illusione di credere di non esserlo. E quell'illusione mio marito credette di trovarla nella bottiglia.”
 “Negare, e vedere e sentire cose inesistenti”, il tipico atteggiamento da alcolista.
La figura dell’Amorevole sembra distinguersi dalle altre figure narranti:
            “La sua voce bassa e calda, era gradevole. Inoltre pronunciava le parole senza nessuna inflessione dialettale. Il suo modo di parlare era recitato, non artificioso però. Ricordava la voce fuori campo che spiega le immagini o gli antefatti nei film o nei documentari. L'espressione del viso accompagnava le parole e i suoi gesti erano misurati. Tutti pensarono che avesse frequentato una scuola di recitazione, e che facesse o avesse fatto l'attrice o la doppiatrice.”
Quasi impossibile immaginarla impotente e indifferente di fronte al suo fallimento, ovvero l’aver sposato un fallito che ha perso la fiducia di sé e si chiude in cantina a bere dicendo che deve proteggere le sue bottiglie preziose. Impossibile aiutare chi non vuol essere aiutato.
“Mentre parlava, gli altri accarezzati dalla sua voce armoniosa come un bambino durante la favola della buona notte, piano piano passarono da una soporifera veglia, ad un sonno profondo. Anche lo scettico si era addormentato”
La storia è svelata soltanto al lettore, un’altra storia che nasconde un altro mistero.
L’Amorevole lo svela mentre gli altri dormono ma non hanno bisogno di ascoltarla. In realtà gli altri hanno accettato le loro storie e il mistero in esse contenuto. Tranne uno, lo Scettico.
“Ecco la ragione del viaggio.”
L’alba è un’alba nuova per i viaggiatori. Per loro il viaggio continua: “Videro giù in basso le loro auto, così come le avevano lasciate. Cominciarono a correre per raggiungerle, quasi sentissero che le cose erano cambiate. Quando girarono la chiave d'accensione, assieme al rumore del motore si sentì un coro di grida gioiose.
 Era finita. Potevano andarsene da quell'incrocio maledetto. Finalmente!”
“Non tutti però.
La macchina dello scettico rimase muta.
Li vide partire verso il loro destino.
Forse domani sarebbe toccato anche a lui. Forse.”

A volte è necessario fermarsi, ascoltare senza scuotere la testa e accettare, per poi poter continuare.


Regina Re

Alla fermata...



ti fermi, 5 minuti, parti e poi ritorni:




“Af-fermata”


Tiro dadi et voilà: numeri!
Lettere a spasso danzano un tango, si guardano
Tacco-punta-tacco, stacco con un salto
Tempo al passo, doppio giro, m’inchino
Non ti lascio, mi avvicino all’arrivo
Ti sei “fermata” e sei “aff-amata”
“Affanculo l’amore!”, urlano le parole
Ma lo stomaco non risponde alla chiamata
Aspetto il prossimo, salgo
Tiro sassi et voilà: do i numeri!
Ma i conti non tornano, se ne vanno
Mi lasciano con in mano un sasso
Con il passo stanco, non stacco
Tacco-punta-tacco, daccapo
Non mi abbasso, ti lascio il passo
Non ti sei “af-fermata” e ti sei “fermata”
Sei incollata



Regina Re





lunedì 4 febbraio 2013

L’attimo fuggente



“Eh sì, è fuggito, se n’è andato, perso…peccato!”

La pigrizia però non ci abbandona mai, anzi è meglio non lasciarla la poltrona, troppo comoda.








“Add-io”

Aggiungi a te stesso
Avvicinati a Dio
Chiediti: “chi sono io”?

Ti aggiungo alla mancanza
Sottraggo il destino
Chiedimi chi sono io!


Il tempo non fugge
È solo un saluto non ricambiato
Uno schiaffo ad un muto ciao


Regina Re