venerdì 21 dicembre 2012

"Il viaggio"




 









Il viaggio

Hai preparato la tua valigia, chiudila 
Apri la tua testa e parti, resta
Il tuo corpo segue il tempo, preservalo
L’orologio è fermo, conservalo
Non svanire nei tuoi sogni, dimentica
Non svegliare i ricordi, atterra


Regina Re

martedì 11 dicembre 2012

Resilience










Resilience


L'imprevedibile affascina e ti sfida

di prima mattina

quando ancora con il cuscino in faccia

ti spalmi una passata di fondotinta

e lasci l'amata casa

con il bustone della Lidl in testa

sotto la doccia della pioggia

che l'ombrello ce l'hai nella macchina



La resilienza è anche resistenza alla razza umana della peggior specie


Strike Cobra


A volte ritorno

in luoghi dimenticati

mi ci ritrovo ma senza volerlo

Ciò che ho perso

è una striscia luminosa

sull'asfalto

ancora fumante

maleodorante

E lascio orme 

vestita di nuovo

e sorrido

con denti invisibili 

e in gola l'acido 

di un indigesto pasto

Poi me ne vado

lontano da tutto

e mi strucco

che non c'è molto da ridere

Il tempo dentro non passa

stagna

le facce non cambiano

si plasmano

la moderna chirurgia

rimuove i compromessi

lasciando cicatrici

di sporchi interessi

Tu, che ammiri il risultato

soddisfatto

sei in forma

sei arrivato

sei una gran testa 

un gran testa di cazzo



ME-GALLO-MAN


Adoro questa pelle

e in alto, sulla cima

una poltrona mi attende

la mia scalata è già finita

Tra calci e bastardate

lascio la mia firma

in uno slalom di leccate

e sono a corto di saliva

Ho solo un forte mal di schiena

e al momento sono un po' curvo

certo, a 90 faccio pena

ma poi, sai, ci prendo gusto.

Hey, HR, con me sí che investi!

ho l' assinculazione,

pago tutto in interessi

e ne conosco di persone...

Sono l'opportunità

la mia, che prenderò

e alle tue spalle, in verità,

le mie iniziali inciderò:

"Come on, come on, come on

Now strouch me, baby!

Che I have quite afraid

what was the shit that I made?"


Mi raccomando pure al creatore

e mica sono cosí fesso

saró stronzo sino alla morte

saró un uomo di suc-CESSO!


Regina Re























venerdì 7 dicembre 2012

Perle ai porci



Ispirata da due B: Birra & Bibbia



Perle ai porci


On: accendo la tele, storie umane, storie vere
vittorie e tragedie, confezione fatta in serie
somma ispirazione di un artista senza nome

ma avevo un’altra storia in mente, una storia recente
una storia che non è triste e non è divertente
la storia di un maiale e delle sue perle

quelle perle preziose perché perfette, costose
dono dell’acqua, dolce e salata di una sacca
perle di diverso colore, grandezza, spessore

bianco, nero, giallo, rosa, disse il venditore
scandendo ad una ad una le sue parole
garanzia a vita, sono tue, tue per sempre

non disse che andavano scelte, protette e curate
come le cose sante, che non vanno gettate
che il maiale le calpesta, poi si volta e ti fa la festa

Off.






"Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi”.
(Matteo, 7-6)
 

lunedì 3 dicembre 2012

NEGAZIONI



Dedicato a chi ha il vero coraggio:



NegandoVi

Non sono nato muto, un urlo il mio saluto
Oltraggio l’arrivo annunciato da uno squarcio
Non parlo, strillo ancora, ho fame di sapere
Sono nuovo, diverso e del mio mondo riflesso
Opera prima, di altre vite incomplete, la mia
Lancio bottiglie, acqua trascinami a te, lontano
Oltre il mio mare, confine occasionale
Non scrivo niente che non sia tutto, amaro
E tu che mi trovi salvami e dimenticati
Graffia dentro, scava,stupisciti del  mio vuoto
A chi si afferma negando e dice sì a se stesso
Zona d’ombra nella luce di un momento perso
Io ti dico bevimi e sputami addosso
Onorami del nero del tuo inchiostro
Non fare mai solo il poeta di te stesso
Incontra qui chi dice no a tutto il resto


Regina Re


 




domenica 2 dicembre 2012

24 h




24 ore prima di morire:



Ieri


Quando ero piccolo e non avevo voglia di fare qualcosa che mi si chiedeva di fare dicevo: "Lo faccio ieri". Ieri era il domani, il giorno dopo.
In accordo con il tempo il giorno dopo del mio calendario non sarebbe mai e poi mai sopraggiunto. Pensavo questo quando la mia dea con la benda mi baciò sulla fronte: "Il giorno del mio trionfo sarebbe stato il mio ultimo giorno". Domani.
Pensai a quante volte nella vita mi era stato concesso il successo. Il mio successo era sempre finito nel cesso. In realtà mi mancava soltanto l'inizio della parola. Poche lettere.
Dopotutto quante volte ci stavo almeno una volta al giorno "su" un "cesso" in tutti i sensi e mi mancava una misera "c".
La "c" era sempre stata l'unità di misura preferita dei miei simili, elemento fondamentale nel confronto, a chi era più virile, a chi sparava più cazzate e a chi la faceva più grossa la cazzata. Io con le mie "c" non avevo mai vinto nulla, ero sempre stato un non-“c”lassificato.
La classifica al contrario mi calzava perfettamente, dopotutto si vince la schedina anche con uno zero. Le probabilità di fare tredici sono identiche a quelle di fare zero.
Anche i “c”onti non erano il mio forte ma poi in qualche modo mi ritrovavo a farli, quando già qualcuno aveva stabilito un risultato.
E le c, quelle sono tutte a “c”atena, una “c”onseguenza infinita.
Qualcuno aveva stabilito il mio domani ma oggi era ancora ieri e ieri per me era dopo. Nella via di mezzo si può stare una vita ma quando la vita diventa il mezzo ce n’è solamente una di via.
La mia era breve, fumante d’asfalto, tracciata soltanto per me.
Un percorso lungo 24 ore. L’avevo spianato io.
La “c” questa volta ce l’avevo nel “c”uore. Un cuore malato.
Che prima o poi si sarebbe fermato. Il sacro cuore era stato il mio ultimo tatuaggio.
Proprio lì, a sinistra, sul mio petto. Sul resto del corpo altre storie disegnate.
Le storie della mia vita che mi portavo dietro, ogni giorno. Avevo girato il mondo da vagabondo e in altri mondi le persone leggono la storia della tua vita attraverso l’inchiostro con il quale ti sei marchiato. Uno in particolare era rimasto affascinato dal libro che mi portavo addosso. Un “c”ollezionista. La perfezione del mio corpo e la bellezza delle mie storie l’aveva affascinato. L’offerta era stata molto alta per uno come me che viveva alla giornata. Il giorno della mia morte un’altra c avrebbe reso il mio corpo immortale. Un “c”ontratto.
Avrei dovuto aspettare quel giorno rischiando di morire per strada? Avevo allora deciso per un altro tipo di morte. Sulla mia morte nessuno avrebbe indagato. Un infarto sarebbe di certo passato per buono.
Domani quei soldi sarebbero confluiti in un’altra “c”, il “c”onto in banca di un figlio che neanche conosceva suo padre il vagabondo. Un figlio che neanche avrebbe saputo che ieri, in un maestoso salotto, a migliaia di chilometri, il corpo di un vagabondo completamente tatuato sarebbe diventato “c”elebre attraverso una sottile “c”ornice di “c”ristallo.



Regina Re




venerdì 30 novembre 2012

Il tempo delle mani











Il tempo delle mani



Ieri: "Lavati le mani che sono sporche!"

Oggi: "Le mani pulite sono comunque sporche!"

Domani: "Se sei sporco lavatene le mani!

E’ il tempo di indossare un paio di guanti



Regina Re

giovedì 29 novembre 2012

"divertissement"








Un esperimento, un divertissement a quattro mani di Regina Re e nik56, un coordinamento virtuale tra due teste e due modi di scrivere completamente differenti:


"Il tiro"


Mi fa male qualcosa che non so
sto scocciato e ho fatto un po' di tiri oggi
perché il genio, quando c'è, collima tutto.
Ma ora tu che passi ispirami, piantami un chiodo nel cervello
con un tiro lungo.
"Io non so sparare."
Non lo sai se sai sparare o meno,
andasse a fare in culo lo sparare o meno.
Dimmi cosa, dimmi quando, dimmi che.
La cosa che è la stessa cosa, prima e dopo il quando
come quando fuori piove,
piove come e quanto non sai più se e come piove
dove non c'è più il quando.
Piovono chiodi nel cervello senza spari,
Dunque niente chiodi, non ho la mira,
e te l'avevo detto.
È un divertissement, non è poesia.
La poesia fa male. Questa fa il solletico alla pineale.


nik56 & Regina Re
 






mercoledì 28 novembre 2012

tutti "i" pazzi per Me!!!




non disperate se qualcuno vi ha deluse profondamente...
una soluzione c'è :
"Come uscire a testa alta da una porta...senza troppi perché"!

una escalescion di disastri sentimentali raccolta in un unico carnet:

"tutti "i" pazzi per Me!!!”

di Regina Re




Download gratuito dell’E-Book al link:


Registrato presso SIAE












sabato 17 novembre 2012

O l'Oméga





"O l'Oméga, rayon violet de Ses Yeux!"
(A.Rimbaud)
 


"Inferno"


C'è chi si suda la pace eterna
e chi manda all'inferno la vita.
C'è chi non avrà mai la pace
e dell'eterno inferno si compiace.




“L’incontro”

Un biglietto da visita ti annuncia
annuncia che la storia comincia
comincia con una fine annunciata.
Un’alba che guarda al tramonto
un tramonto che brama l’alba
il giorno che si ubriaca della vita.
Ti sei specchiata dentro i suoi occhi
ti sei stupita dell’immensa dignità?
Sei rimasta delusa, povera illusa
da chi di te non ha mai avuto paura.



Regina Re






sabato 10 novembre 2012

Master Dei



"La scala buia che va giù in cantina", complimenti per il tema!
La mia scala buia mi ha portata in questa cantina:


“Master Dei”


Se ne stava silenzioso alla sua scrivania.
Quella mattina i corridoi erano disabitati.
Circa 30 minuti d’anticipo sull’orario d’entrata sono una gran conquista per chi vuole evitare il traffico della strada e dei corridoi. Le macchinette del caffè ad ogni piano erano come i caselli dell’autostrada. Era obbligato a fermarsi e a pagare, non per il caffè, ma per ogni “buongiorno” che era costretto ad elargire senza alcuna generosità.
Il caffè non lo beveva, per presa di posizione, per non mischiarsi con chi gli offriva una possibilità ogni mattina per scambiare quattro chiacchiere che poi sarebbero state tramutate in quattro frecce. Non quelle della macchina che varca il casello. Quelle che varcano i confini della sopportazione umanamente concessa.
“Non c’è amicizia intorno alla tua scrivania”, si ripeteva, ogni volta che rifiutava l’ennesimo invito.
Le possibilità le aveva scartate tutte e quindi aveva cestinato anche il caffè e la pausa pranzo. Possibilità che non erano per lui ma per altri. Momenti ludici per spezzare la triste quotidianità di chi si annoiava e aveva trovato in lui un gioco divertente da portare avanti.
Un GdR, un Gioco di Ruolo che dal tavolo si era spostato nel vivo delle coscienze senza nome ma con mille facce.
Chi avesse posseduto una quantità discreta di coscienza, si sarebbe rifiutato di giocare e si sarebbe opposto alle regole dettate dal Game Master.
Ma nessuno ne aveva più di coscienza. Tranne lui.
L’ambiente immaginario, le schede personaggio erano tutte studiate di modo che Alex avrebbe avuto un solo ruolo: quello di chi doveva essere fatto fuori dal gruppo.
Era lì da 30 minuti a ripercorrere la storia delle sessioni di gioco che si svolgevano da un paio di anni ormai.
Ci si era trovato per caso ed il caso, in questi casi, è sempre uno sbaglio.
Aveva accettato l’invito per un caffè, dopo la pausa pranzo.
Era nuovo in quell’azienda e gli era sembrato un buon modo per socializzare.
Aveva accettato l’invito da una delle pedine del Master.
In pochi minuti al Master erano arrivati i suoi dati e Alex, non appena tornato alla sua postazione, aveva ricevuto una mail. Il mittente era semplicemente: “Master”.
Aveva aperto pensando che fossero le solite password dell’I.T.
Si era trovato davanti ad uno schermo nero con una scritta rossa al centro:
“Security Instructions”.
Aveva cliccato sulla scritta convinto che fosse una maniera originale per istruire il personale nuovo e non si era minimamente reso conto di aver varcato la porta dell’inferno.
Del resto la vita è un gioco manovrato dall’alto e che differenza volete che faccia un gioco manovrato dal basso?
Il basso di un edificio  che non è abbastanza alto per sfiorare il primo strato di cielo ma che dona ai suoi abitanti la continua promessa di arrivarci.
Alex aveva giocato la sua prima partita tra applausi e sorrisi e aveva preso i suoi punti guadagnati con il gioco.
Il gioco consisteva nel far fuori un dipendente a caso scelto dal Game Master.
Si era anche divertito a seguire le istruzioni:
“Stampa l’allegato che hai appena ricevuto da Drago 7, Recati presso l’ufficio B16 , 3’ piano e consegnalo dicendo che il documento te lo ha appena consegnato l’autore stesso!”.
Soltanto il giorno dopo era stato chiamato dai piani alti e aveva ricevuto una promozione accompagnata da un cerimoniale di elogi per aver consegnato un documento che incastrava  l’autore stesso. Era un falso e lui lo aveva capito soltanto quando gli era stato detto: “Non vogliamo neanche sapere come ci sei arrivato. Ciò denota una grande intelligenza e una devozione particolare alla tua azienda”.
Stordito era tornato al suo posto. Una nuova mail, nuove istruzioni, un nuovo nome, un nuovo bersaglio. Da quel momento aveva cominciato a cestinare le mail ma lo schermo continuava ad aprirsi e richiedeva di cliccare sulle Istruzioni. Pertanto aveva pensato di ingannare il Master e aveva cominciato a far finta di giocare. Ma alla fine di ogni partita veniva chiamato a fare i conti con qualche pedina.
Aveva stravolto le regole, aveva creato un nuovo gioco dove ogni giocatore ormai riceveva soltanto il suo nome.
L’entità del miglioramento dei suoi personaggi era improntata su tattiche d’astuzia, l’unica arma pulita che gli veniva concessa dal Master.
Il Master offriva potenti mezzi ma in cambio voleva pezzi di cervello virtuale.  Voleva sostituire le parti di cervello attivo con parti di cervello passivo. In cambio avrebbe dato dei bonus a seconda dell’ambientazione del giorno: fiaccole, clave, lance, coltelli, sassi, fucili, pistole, mitra, veleni, bombe.
Ma lui i bonus non li aveva mai accettati.
Erano passati due anni e in due anni aveva superato il limite, era sopravvissuto a tutti i tranelli, aveva superato impossibili livelli.
Quel giorno era lì a studiare. Avrebbe voluto un’arma invincibile per abbattere il cervello che governava quel gioco, per dar fuoco ad Outlook e a tutte le macchinette del caffè e a quella fottuta sala mensa dove nel vassoio ti servivano trappole per primo, secondo e contorno.
Al dolce Alex stava già vomitando e la bottiglietta dell’acqua se la conservava sempre per il dopo.
Mail. Nuovo messaggio. Ore 08.30. Prima nessuno era abilitato a giocare.
Apri. Schermo nero ed una scritta “Canteen”. Entra. Altra scritta: “Menu”.
Si ricordò di quella volta, circa due anni prima, mentre andava a mensa e un tizio gli aveva chiesto in Inglese “I’m sorry, where is the canteen?”. Forse l’emozione, aveva capito “cantina”  e gli aveva indicato un ristorante che aveva una cantina e che si trovava proprio nella zona industriale.
La barra menu aveva una sola opzione.
Aveva cliccato e si era trovato una scala in 3D, nella penombra era apparsa una busta che conteneva le Istruzioni.
L’aveva aperta.
Un solo imperativo: “Go down stairs”.
Era sceso e alla fine della scala aveva trovato una scrivania ed un PC.
Il PC era in Stand by.
Aveva mosso il mouse e si era trovato lo schermo nero con al centro una scritta rossa:
“Welcome to the Mob Island”.
Una risata era schizzata fuori dal PC e si era piantata proprio lì, sulle sue labbra.



Regina Re